Tradizione o innovazione?

Tradizione o innovazione?

La questione su cui il mondo del food si interroga è tradizione, o innovazione? Margherita, o gourmet? Quand’è che le pizzerie sono iniziate a cambiare e perché c’è questa attenzione così grande sul mondo della pizza in generale.
Una moda, un fenomeno di mercato, ma anche la consapevolezza che dietro una pizza c’è un professionista serio e competente che studia e si aggiorna per realizzare un prodotto realmente competitivo e all’altezza di una clientela pronta a pagare addirittura quanto una cena stellata.
Sicuramente i riflettori su noi pizzaioli si sono accesi quando la richiesta nei confronti dei ristoranti è drasticamente calata. Complice la crisi economica, le pizzerie hanno saputo interpretare un segmento che stava rapidamente mutando.
Il consumatore medio ha abbandonato l’idea di lunghi e lauti banchetti da tre, o quattro ore seduti a tavola e ha optato per un pasto unico, completo e veloce come la pizza. La pizza a differenza di un pasto ingessato è sempre una valida soluzione che si adatta perfettamente ai tempi frenetici del nuovo millennio. Non solo, al valore del tempo si aggiunge quello del denaro. Una pizza costerà sempre di meno di un pasto a ristorante, ma al contempo, oggi, è in grado di offrire gli stessi servizi: ingredienti ricercati, personale qualificato, arredi eleganti e finanche una intrigante carta dei vini e Champagne.
È in questo contesto che è nata la pizza gourmet. Un termine forse inflazionato, ma che nell’immaginario comune rende bene l’idea di un disco di pasta tonda che alla classica mozzarella e pomodoro sostituisce una serie di combinazioni che hanno destato grande curiosità nel mondo gastronomico, ma soprattutto in ogni ceto sociale: dal più ricco al più povero, la pizza si è mostrata nel suo essere pienamente democratica perché accessibile ad ogni tasca, salvo, forse, in alcuni e sporadici casi.
La pizza è democratica perché ha sempre attratto l’intero popolo e, se una volta, una persona più benestante, leggermente imbarazzata, quasi si nascondeva per mangiare nelle antiche pizzerie dei vicoli di Napoli, oggi quelle stesse persone sono capaci di fare file di ore e ore in attesa del loro agognato pasto succulento da postare sui social network. La Marinara e la Margherita di Michele ne sono un esempio emblematico, ma voglio sottolineare come la pizza gourmet abbia il merito di aver rubato alla ristorazione quella larga fetta di mercato che preferisce luoghi più intimi, lontani dalle caotiche cannottiere dei garzoni e i chiassosi camerieri a mezze maniche.
La pizza del nuovo millennio ha fatto sì che tutti potessero vivere la propria esperienza degustativa nel luogo consono alle loro esigenze. È qui che si aprono le porte ad un mondo diverso, non più fatto di ‘ro’ pzzaiuol’, ma dal maestro, ( questa cosa mi fa sorridere ma approfondirei in secondo momento), di maitre e non camerieri, di splendide ragazze all’accoglienza e non la mamma di famiglia. La pizzeria si veste di classe, di tendenza, persino do arte e design, Ognuno è libero di scegliere in base ai gusti e alle tasche, fermo restando che ormai è lievitato anche il prezzo delle cosiddette pizzerie tradizionali dal fascino intramontabile. E sinceramente, nonostante io sia un precursore della pizza gourmet, mi sembra anche giusto, perché una pizza non ha un food cost inferiore ad un semplice gnocco alla Sorrentina e la sua esecuzione è molto più complessa.
La pizza è contorta, varia di forno in forno, di temperatura in temperatura, a seconda dell’ambiente e del clima, delle ore, del lievito utilizzato. È una forma di cucina tra le più complesse che richiede studio e aggiornamento continuo, per questo mi infastidisce vedere molte pizze crude soltanto per gonfiare quel cornicione stile canotto. La pizza è fatta di talento e studio, di talentuosi c’è ne sono pochi e di studiosi ancor meno.
Ricordo gli esordi della pizza gourmet: tutti si affannavano a comprare questi famosi pomodori gialli dando il via alla gara dei capolavori, dimenticando, però, l’importanza del disco di pasta. La tradizione sta alla pizza gourmet come la danza classica sta alla danza moderna. È la base da cui bisogna partire senza mai voltarle le spalle. I tempi sono cambiati, c’è tanta competizione e i clienti sono molto esigenti, quindi non si può restare fermi ai grandi classici della scuola napoletana, ma l’impasto che è la storia da cui è nata la pizza, quello non va mai cancellato.
Studiamo la teoria insieme alla pratica: forse in pochi sanno che un tempo la tonda sostituiva i piatti da portata, un lusso solo per i ricchi. I poveri accompagnavano il loro misero pasto con un impasto di grani grossolani che assorbiva tutto il condimento amalgamandosi l’un l’altro e raggiungendo in maniera inconsapevole e casuale l’equilibrio. La pizza nasce così, chiudiamo gli occhi, immaginiamo i profumi dei campi dove lavoravano i nostri avi, i vicoli di Napoli dove friggevano le nostre nonne e lasciamoci ispirare dalla storia per costruire qualcosa di veramente originale che renda onore alla lunga storia del cibo più famoso al mondo.



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